Alle Fonti di Valmadonna credo che mio papà abbia conosciuto la mia mamma. Era la fine di giugno, l'estate incombeva in quel 1939 carico di nuvole nere. Il governo aveva approvato quella mattina la "Disciplina all'esercizio delle professioni per i cittadini di razza ebraica". Sono convinto che quei ragazzi allora non ne avessero neanche sentito parlare, non avevano neanche la radio e di giornali, in campagna tra i contadini, credo che se ne leggessero pochi. Se penso che adesso la gente si lamenta c'è da farsi venire i brividi. I ragazzi andavano allora a prendere la "rusà", la rugiada di San Pietro e Paolo, così almeno di diceva, quando si andava a ballare. Alle Fonti c'era una sorgente di acqua solforosa, con una puzza tremenda di uova marce. Si sentiva ancora cinquanta anni fa, quando ero bambino e anch'io ci andavo in bicicletta, ma già non ci ballavano più e la sorgente non era che un rivoletto di acqua puzzolente. La mia mamma aveva diciotto anni e forse era la prima volta che con le amiche andava a ballare alle Fonti, in bicicletta, scavallando le colline della Val Milana.
Il mio papà, invece, dieci anni di più, doveva essere un frequentatore assiduo, sempre in bicicletta, ma arrivava dalla città, con gruppo degli amici scapoloni che giravano i balli dei paesi dove arrivavano le ragazzotte dalla campagna, tanto per dare un'occhiata. Certo ci saranno stati i maschi del posto e spessissimo finiva a botte, dietro ai balli a palchetto, forse per questo ci si andava in gruppo. Con quel Borsalino sulle 23 e la sciarpina di satin crème, doveva essere uno che faceva colpo sui gruppi di fanciulle che arrivavano dalle cascine sparse sulle colline a folate con le gonne leggere e le prime calze di nylon con la riga dietro. Devono essersi fulminati con lo sguardo, è scoccata una scintilla, così la mia mamma non ci è andata neanche più a ballare, dopo quella prima volta e un anno dopo si sono sposati. Un bel coraggio, stavano cominciando cinque anni di guerra. Adesso anche la Fonte si è spenta da tempo, dietro alla stazione di Valmadonna. In quei locali ci hanno fatto, mi sembra, un ristorante elegante. Fuori nel giardino si intravede però ancora un residuo di quella pista rotonda di cemento dove, quasi un secolo fa, quei ragazzi si guardavano da lontano, prima di cominciare quel ballo, guardandosi negli occhi. Adesso non si sente neanche più la puzza delle uova marce. Anche quella ormai, se ne è andata altrove.
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