Primi anni ’60, il “Boom economico”, l’Italia diventa benestante e la cultura non è più appannaggio di pochi. Proprio in questo periodo però si diffondono fermenti esistenziali e sociali che chiedono alla canzone di non essere più solo ritmo ed evasione. Le parole sono importanti e vanno ascoltate. Nasce il termine “cantautore” che designa una nuova generazione di autori-interpreti che sviluppano nelle loro canzoni una poetica personale che si accorda alla loro voce. In questa prima fase la città di Genova è il punto di partenza di Umberto Bindi, Bruno Lauzi e Luigi Tenco.
Proprio il suicidio di quest’ultimo al festival di Sanremo del ’67 apre drammaticamente il tema del contrasto insanabile fra canzone poetica e canzone commerciale.
La parte più consistente di questo concerto è dedicata al genio di Fabrizio De André - un altro genovese - che riadattando i modelli della canzone francese fa compiere
uno straordinario balzo in avanti alla musica italiana. In quasi 40 anni di attività, quest’artista pervaso da un’inquietudine insaziabile e da un’ansia di costante
rinnovamento, resta sulla cresta dell’onda, senza apparire in televisione e nei festival nazional-popolari. A quasi tre lustri dalla sua scomparsa, è il punto di riferimento condiviso dei cantautori italiani di tutte le generazioni.
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