CITTA’ DI ALESSANDRIA
UFFICIO STAMPA
Alessandria, 27 Novembre 2008
COMUNICATO STAMPA
In occasione delle ricorrenze relative al triste evento dell’alluvione del 1994 abbiamo positivamente assistito alla ripresa del dibattito sul destino del ponte cittadella. In particolare sono riemersi gli elementi che, in relazione alla sicurezza della città, ci condurrebbero inesorabilmente alla necessità di demolire il ponte attuale, così come richiesto dalla mozione redatta dall’amico capogruppo Antonio Maconi. Ovvie e scontate le contromisure da parte dei sostenitori della conservazione tout court della struttura esistente, comprensibile e giustificabile nel timore di vedere per l’ennesima volta sparire una memoria del passato alessandrino, anche se, non dimentichiamolo, si tratta di una memoria di un passato relativamente recente e che, soprattutto, rispetto all’elemento monumentale Cittadella nulla ha a che fare ad eccezione del nome.
Sul tema ero già intervenuto tempo addietro, a monte della stessa campagna elettorale per le amministrative comunali, all’interno di un’articolata serie di considerazioni di carattere culturale e di economia turistica che furono condensate in un fascicolo - inserto speciale all’interno del trisettimanale “ Il Piccolo” - dal titolo: “Alessandria - La rivoluzione in vetrina”. In quell’occasione avevo tentato di spogliarmi di tutti quei vincoli affettivi e ideologici che mi tenevano legato alle scelte maturate in seno alla giunta Calvo, essendone stato parte integrante anche nella fase di scelta che aveva optato per il progettista americano Maier.
Proprio per questo motivo, in quel contesto, nel ribadire comunque la priorità dei criteri di messa in sicurezza della città, ponevo l’attenzione sulla opinabilità della scelta Meier, in relazione alle recenti e non brillanti soluzioni che lo stesso architetto americano aveva elaborato per la copertura dell’Ara Pacis a Roma; allo stesso tempo mi permettevo di ricordare ad una città forse un po’ troppo frettolosa nel dimenticare, che l’originaria struttura del ponte (quello che in effetti era in relazione alla cittadella ma anche in relazione al preesistente borgo di Bergolium) era un ponte con arcate che sorreggevano un percorso coperto, all’incirca simile a quello che ancor oggi caratterizza un delle immagini più famose della città di Pavia. Poter pensare ad una nuova struttura che in qualche modo non dimenticasse proprio del tutto la memoria di quella originale, poteva costituire un buona base di partenza per ragionare sul futuro di quell’area. In realtà l’iniziativa cosa non destò alcun eco particolare: forse l’avranno letto in 10 persone tra gli addetti ai lavori e quelle persone più coinvolte emotivamente nella vicenda.
Insomma, il dibattito non accettava di novità ma a tutti gli effetti amava mantenersi sull’ormai consolidata certezza del alternativa bipolare: mantenere l’attuale ponte cittadella od optare per il Meier. Atteggiamento, quest’ultimo, comprensibile, tenendo soprattutto in debito conto gli aspetti economici e di progettualità già avanzate.
Oggi sarebbe possibile aggiungere qualche elemento di novità al dibattito in corso? Quale contributo si potrebbe produrre per dare un senso ancora più marcato ad un eventuale intervento di rifacimento del ponte? Credo che sia sostanzialmente giusto insistere sulla priorità dei parametri di sicurezza della città e dei cittadini e se questo ci condurrà verso l’abbattimento dovremmo essere in grado di accettare tale inevitabile eventualità. Ma dal 1994 ad oggi sono intervenuti nuove argomentazioni o nuove sensibilità sociali? Credo di si. Pensiamo per esempio quanto sia incrementata la sensibilità ambientale e la coscienza della necessità di produzione di energie alternative. Potrebbe la soluzione dell’annoso problema del ponte cittadella andare a braccetto con un’azione strategica che, alla creazione di una nuova e più sicura percorribilità tra le due sponde, alla creazione di un forte segno di valenza monumentale su scala internazionale, possa anche affiancare la creazione di un struttura di produzione energetica che utilizzi come fonte proprio lo scorrimento delle acque del Tanaro? Potrebbe essere così assurdo l’affiancare o incernierare le due progettualità per conferire ulteriore valore ad un intervento così significativo e per la nostra comunità? Non saprei andare oltre, per non arrischiarmi in pericolose disquisizioni che appartengono più al campo della tecnica e della scienza che non a quello della politica. Ma mi si consenta almeno la soddisfazione di lanciare una sfida o una provocazione – se volete - anche solo per tentare di andare oltre ad un dibattito che perdura uguale e irrisolto da circa 10 anni! Sempre sullo stesso fascicolo sostenevo poi l’opportunità di un rapporto diverso con il fiume, fatto poi recentemente ribadito dal capogruppo Priano. Tanto ne ero ne sono convinto che proposi addirittura la possibilità di realizzare una fascia navigabile in grado di mettere in contatto via acqua il capoluogo con l’area archeologica di Villa del Foro, costruendo un percorso integrato tra contatto e vivibilità del fiume con la realizzazione di un progetto di interesse turistico originale e attraente. Rilancio la sfida, nella speranza di creare interesse e dibattito, ma soprattutto di prospettare nuove e concrete possibilità di fare economia attraverso le reali potenzialità del nostro territorio.
Gianfranco Cuttica di Revigliasco
Capogruppo Lega Nord e presidente Commissione politiche culturali
presso il Consiglio Comunale di Alessandria
UFFICIO STAMPA
Alessandria, 27 Novembre 2008
COMUNICATO STAMPA
In occasione delle ricorrenze relative al triste evento dell’alluvione del 1994 abbiamo positivamente assistito alla ripresa del dibattito sul destino del ponte cittadella. In particolare sono riemersi gli elementi che, in relazione alla sicurezza della città, ci condurrebbero inesorabilmente alla necessità di demolire il ponte attuale, così come richiesto dalla mozione redatta dall’amico capogruppo Antonio Maconi. Ovvie e scontate le contromisure da parte dei sostenitori della conservazione tout court della struttura esistente, comprensibile e giustificabile nel timore di vedere per l’ennesima volta sparire una memoria del passato alessandrino, anche se, non dimentichiamolo, si tratta di una memoria di un passato relativamente recente e che, soprattutto, rispetto all’elemento monumentale Cittadella nulla ha a che fare ad eccezione del nome.
Sul tema ero già intervenuto tempo addietro, a monte della stessa campagna elettorale per le amministrative comunali, all’interno di un’articolata serie di considerazioni di carattere culturale e di economia turistica che furono condensate in un fascicolo - inserto speciale all’interno del trisettimanale “ Il Piccolo” - dal titolo: “Alessandria - La rivoluzione in vetrina”. In quell’occasione avevo tentato di spogliarmi di tutti quei vincoli affettivi e ideologici che mi tenevano legato alle scelte maturate in seno alla giunta Calvo, essendone stato parte integrante anche nella fase di scelta che aveva optato per il progettista americano Maier.
Proprio per questo motivo, in quel contesto, nel ribadire comunque la priorità dei criteri di messa in sicurezza della città, ponevo l’attenzione sulla opinabilità della scelta Meier, in relazione alle recenti e non brillanti soluzioni che lo stesso architetto americano aveva elaborato per la copertura dell’Ara Pacis a Roma; allo stesso tempo mi permettevo di ricordare ad una città forse un po’ troppo frettolosa nel dimenticare, che l’originaria struttura del ponte (quello che in effetti era in relazione alla cittadella ma anche in relazione al preesistente borgo di Bergolium) era un ponte con arcate che sorreggevano un percorso coperto, all’incirca simile a quello che ancor oggi caratterizza un delle immagini più famose della città di Pavia. Poter pensare ad una nuova struttura che in qualche modo non dimenticasse proprio del tutto la memoria di quella originale, poteva costituire un buona base di partenza per ragionare sul futuro di quell’area. In realtà l’iniziativa cosa non destò alcun eco particolare: forse l’avranno letto in 10 persone tra gli addetti ai lavori e quelle persone più coinvolte emotivamente nella vicenda.
Insomma, il dibattito non accettava di novità ma a tutti gli effetti amava mantenersi sull’ormai consolidata certezza del alternativa bipolare: mantenere l’attuale ponte cittadella od optare per il Meier. Atteggiamento, quest’ultimo, comprensibile, tenendo soprattutto in debito conto gli aspetti economici e di progettualità già avanzate.
Oggi sarebbe possibile aggiungere qualche elemento di novità al dibattito in corso? Quale contributo si potrebbe produrre per dare un senso ancora più marcato ad un eventuale intervento di rifacimento del ponte? Credo che sia sostanzialmente giusto insistere sulla priorità dei parametri di sicurezza della città e dei cittadini e se questo ci condurrà verso l’abbattimento dovremmo essere in grado di accettare tale inevitabile eventualità. Ma dal 1994 ad oggi sono intervenuti nuove argomentazioni o nuove sensibilità sociali? Credo di si. Pensiamo per esempio quanto sia incrementata la sensibilità ambientale e la coscienza della necessità di produzione di energie alternative. Potrebbe la soluzione dell’annoso problema del ponte cittadella andare a braccetto con un’azione strategica che, alla creazione di una nuova e più sicura percorribilità tra le due sponde, alla creazione di un forte segno di valenza monumentale su scala internazionale, possa anche affiancare la creazione di un struttura di produzione energetica che utilizzi come fonte proprio lo scorrimento delle acque del Tanaro? Potrebbe essere così assurdo l’affiancare o incernierare le due progettualità per conferire ulteriore valore ad un intervento così significativo e per la nostra comunità? Non saprei andare oltre, per non arrischiarmi in pericolose disquisizioni che appartengono più al campo della tecnica e della scienza che non a quello della politica. Ma mi si consenta almeno la soddisfazione di lanciare una sfida o una provocazione – se volete - anche solo per tentare di andare oltre ad un dibattito che perdura uguale e irrisolto da circa 10 anni! Sempre sullo stesso fascicolo sostenevo poi l’opportunità di un rapporto diverso con il fiume, fatto poi recentemente ribadito dal capogruppo Priano. Tanto ne ero ne sono convinto che proposi addirittura la possibilità di realizzare una fascia navigabile in grado di mettere in contatto via acqua il capoluogo con l’area archeologica di Villa del Foro, costruendo un percorso integrato tra contatto e vivibilità del fiume con la realizzazione di un progetto di interesse turistico originale e attraente. Rilancio la sfida, nella speranza di creare interesse e dibattito, ma soprattutto di prospettare nuove e concrete possibilità di fare economia attraverso le reali potenzialità del nostro territorio.
Gianfranco Cuttica di Revigliasco
Capogruppo Lega Nord e presidente Commissione politiche culturali
presso il Consiglio Comunale di Alessandria