“Si tu veux nous nous aimerons avec tes lèvres sans le dire”.
Merimée ha dato voce alla possibilità di un amore silente dal sapore del sogno
e Paolo Faroni, autore e protagonista di “Con le tue labbra senza dirlo” , ha
proposto questa immagine con una combinazione sorprendente di ironia e serietà.
Il monologo racconta con fare comico e
in prima persona la storia di un uomo che abita in uno squallido monolocale in
un condominio brutto, dove un “ramo secco” di portinaia pettegola e cattiva lo
accusa di essere matto e solo, come dicono gli altri condomini. La sua mente è impegnata a pensare ad una
donna che esiste nei suoi sogni da sempre e che lo solleva da una realtà triste
e priva di soddisfazioni.
In una giornata narrata con fare
concitato ed esilarante, il pensiero dell’amata diventa ossessione . L’immagine
anelata appare al posto dell’orribile portinaia e, durante un tragitto in
treno, in sogno. Proprio nel sogno, popolato da innumerevoli coppie che
ostentano il loro amore ed evidenziano crudelmente la condizione di solitudine
del protagonista, la donna misteriosa, vestita da capotreno, pronuncia in
francese il verso di Mallarmé.
Saranno le parole scritte anni prima dal
nonno muto su una lavagna, tali da indurre l’allora bambino a leggere Dante e
Petrarca, e il dialogo con l’amico attore gay Vinnie, a dare la chiave di
lettura del sogno, delle arcane parole e del significato dell’immagine
femminile ricorrente.
Lo spettacolo si articola su due
registri apparentemente opposti e sapientemente collegati. Tutta la prima parte
della narrazione è esplicitamente comica e induce ad un’aperta ilarità con la
descrizione di una vita sfortunata dai tratti grotteschi.
La svolta dello stile appare
durante il dialogo (sempre interpretato da Paolo Faroni) con l’amico attore
che, insieme a spunti esilaranti, tocca il concetto dell’ideale e
dell’illusione con la spiegazione di cos’è in realtà il teatro. Il teatro è un
viaggio e, forse, un ritorno, per un giardino di pietra, come il viaggio verso
l’amore di Euridice da parte di Orfeo.
I “passi” suggeriti dal nonno, con questa
stessa enigmatica parola scritta sulla lavagnetta, non sono altro che un
percorso interiore, un amore silenzioso e un viaggio verso ciò che di bello e
ideale la mente può concepire. Il sogno del teatro in quanto espressione di
bellezza si fonde con l’eterno femminino cui il desiderio tende senza che le
labbra debbano pronunciare alcunché.
Notevole il passaggio dal tono
ilare-grottesco a quello lirico che corona uno spettacolo divertente e dal
ritmo sostenuto, durante il quale Paolo Faroni
racconta, torna indietro nel tempo, divaga in aneddoti e sempre diverte
e catalizza l’attenzione del pubblico.
Molto caloroso l’apprezzamento del
numeroso pubblico in questo terzo appuntamento della rassegna “Settembre”
organizzata dalla compagnia teatrale Max Aub. Le prossima date saranno domenica
1 e lunedì 2 dicembre, con “L’avaro” di Molière della stessa compagnia Max Aub
con la regia di Laura Bombonato.