La guerra del bersagliere Gerolamo Alloisio detto Giromino, di altri soldati, di sfollati e di tante donne. - Recensione


I fatti e le vite, la storia ufficiale, quella corale e il particolare che spiega l'insensatezza delle decisioni storiche. Racchiudere tutto questo in uno spettacolo senza cadere nel già visto e nella rievocazione forzata non è semplice e, per questo, il mio apprezzamento è aumentato con lo scorrere della serata. 

Sulla scena alcuni oggetti risalenti alla prima guerra, materiale originale (come spiegato alla fine) testimone delle giornate in trincea: gavette, borracce, una lanterna e una branda. Sullo sfondo la bandiera tricolore, simbolo di un patriottismo tanto sincero quanto mal indirizzato. 
Un gruppo musicale, I Liguriani, di 5 musicisti e una voce solista, inizia a suonare una polca e ci immerge in un mondo contadino che ci sembra meno lontano e ci coinvolge grazie a questa e alle successive canzoni dalla musica splendida e meravigliosamente suonata. Subito i fatti, nudi e inconfutabili, letti dalle due voci narranti : date, propaganda interventista, citazioni degli intellettuali e letterati del tempo. Le affermazioni tracotanti dei futuristi ("guerra igiene del mondo" ), di Papini e di D'Annunzio escono dalle antologie e si raffrontano con una realtà corale differente, pacifica, legata alla vita e lontana anni luce dall'orgoglio patriottico e dal preteso odio contro altri popoli che neppure si conoscono. La coscienza del popolo non ha mezzi eloquenti di espressione, ma trasuda nelle canzoni, piene di gioia di vivere o di malinconia e sofferenza, quando parlano di una guerra di cui non si comprende la ragione. Tra i fatti spietati e la guerra voluta da pochi che si impone, emerge il particolare. Non è solo una generazione di giovani che parte per la guerra, ma sono persone singole, nomi della nostra zona. Tra coloro che combattono c'è il giovane Girolamo Alloisio di Tagliolo Monferrato, appena diplomato al liceo classico, che scrive alla famiglia e intenerisce per la sua buona fede infranta. La sua prosa è forbita e il suo entusiamo candido, durante il periodo di addestramento. 
La sua guerra durerà 58 giorni terribili di trincea, durante i quali tutte le sue certezze cadranno di fronte alla carneficina, alla falsità dei luoghi comuni propagandistici inculcati ai soldati e agli stenti del fronte. "Sembrava che avanzasse un battaglione di morti", così Girolamo si esprime e non si può evitare l'accostamento a Sbarbaro ("Com'era lieve la vita dei condannati a morte" ) e a Ungaretti ("non sono mai stato tanto attaccato alla vita" ). E poi la povertà di chi resta nelle città, la vita delle donne cui, nonostante i ruolo importante svolto in una società dove gli uomini vengono a mancare per rimpinguare le file al fronte, si vogliono negare diritti dovuti. E ancora gli errori clamorosi dei vertici militari (l'odiato generale Cadorna maledetto in una famosa canzone) per i quali vengono incolpate e punite le truppe, già falcidiate dal nemico e, in più, punite dai comandi ansiosi di scaricare responsabilità . 
In questa tragedia collettiva ognuno vive il proprio dramma personale e chi non muore si ritrova, a guerra finita, reduce, povero e, spesso, disoccupato. Altre lettere di altri combattenti ed ex ci aprono dei mondi. La riflessione finale è sullo squallore delle reali motivazioni della guerra, finita con pochi (meno di quelli agognati) territori conquistati e molta ricchezza accumulata dai grandi gruppi industriali. Altrove, i cavalieri di Vittorio Veneto: a loro un titolo onorifico e nulla più.
"La guerra è un massacro tra uomini che non si conoscono a vantaggio di uomini che si conoscono che eviteranno di massacrarsi reciprocamente ". Questo l'explicit letto all'unisono da Mauro Pirovano e Anna Solaro, bellissime voci che ci hanno trasportato in un vissuto che abbiamo toccato e che ci ha commossi alle lacrime. 
Così belle le musiche che è stato richiesto il bis.
Nicoletta

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