presentazione del libro
Il cappello di Napoleone
San Cristoforo:storie nella Storia
di Alessandra Ferrari e Graziella Gaballo
nell'ambito della nona edizione del Festival Ovada in Contemporanea
sabato 8 dicembre 2012 ore 21
Ovada, Spazio Due sotto l'Ombrello, scalinata Sligge
Assessorato alla Cultura della Provincia di Alessandria
IL CAPPELLO DI NAPOLEONE
San Cristoforo: storie nella storia
di Alessandra Ferrari e Graziella Gaballo
Nuvole edizioni
Non si sa se Napoleone, prima della battaglia di Marengo, soggiornò davvero nel castello di San Cristoforo
e vi dimenticò il cappello, ma la storiella è bella, tipica del repertorio popolare che spesso tira in ballo i
potenti per sentirsi parte della Storia, quella con la "S" maiuscola. Storia che ha percorso e percorre i nostri
paesi con i suoi eventi epocali e con tante microstorie che da quegli eventi si sviluppano e restano segnate, al
di là di un'evidente apparenza. Basti pensare alle guerre e ai caduti più che ai reduci, cancellati per sempre
dalla Storia e dalle storie, nomi sempre più sbiaditi sulle lapidi commemorative.
Ebbene, se non vogliamo che le migliaia di storie dei nostri paesi svaniscano nel nulla e facciano la fine
di quei caduti che nessuno è stato mai capace di rievocare, dobbiamo fare ciò che hanno fatto Alessandra
Ferrari e Graziella Gaballo a San Cristoforo: raccogliere dalla viva voce della gente la memoria del passato,
di quel passato che dà ancora un senso proprio al termine in quanto è fatto di abitudini, usi e costumi che
sono perdurati per secoli e che nel secolo scorso, nel giro neanche di cinquant'anni, sono letteralmente
spariti, travolti dalla furia del benessere materiale. L'hanno fatto ancora in tempo le nostre due ricercatrici,
prima che il trascorrere degli anni, inesorabile, si portasse via gli informatori originali e non rimanesse loro
che rivolgersi a generazioni che quelle cose le hanno soltanto sentite dire. Perché un conto è "la memoria" e
un altro la "memoria di memorie".
Il libro che ne è scaturito è un esempio di ricerca sistematica nell'ambito di una comunità per ricostruire,
attraverso le tante storie individuali, la sua storia collettiva a partire dagli anni venti del '900 quando i
testimoni furono bambini; e accompagnarli poi lungo tutto il secolo, attraverso i grandi eventi storici e i
mutamenti socioeconomici sopravvenuti. E tutto questo farlo nel segno del dialetto, la lingua della memoria:
del resto sarebbe impossibile raccontare le microstorie di una comunità rurale senza la chiave indispensabile
della sua lingua. Tutto risulterebbe alterato, perché non c'è peggior cosa che far raccontare a un autoctono
con la lingua dell'acculturazione: si perderebbe spontaneità e icasticità, ci vorrebbero giri di parole là dove
Ma le parole, nella storia di una comunità, sono anche denominazioni che plasmano persone e luoghi e le
segnano per sempre: è il mondo ironico e sferzante degli antroponimi (i soprannomi individuali e collettivi)
o quello plasticamente immaginifico dei toponimi (nomi dei luoghi). "Qua ogni zolla cambia nome" dice
un informatore, ed è disponibile a sciorinare centinaia di denominazioni anche per un solo versante di
una collina; e lì è un rimescolio di termini vegetazionali o legati alla conformazione del terreno o alla
trasfigurazione della stessa o a qualche aneddoto o leggenda che si perde nella notte dei tempi. E allora
vengono fuori nomi ancestrali, primitivi, che nessun parlante dialettale per quanto anziano sarà in grado di
tradurre, ma che stimolano il piacere fonico e semantico di interpretare un termine che porterà magari per
sempre con sè il segreto del suo significato.
Con questo lavoro, che dovrebbe diventare di esempio per le altre comunità del nostro territorio, Alessandra
e Graziella hanno salvato la "memoria d'uomo" di San Cristoforo, fornendo a tutta la sua comunità uno
strumento collettivo attorno al quale riaggregarsi per mantenere quell'identità senza la quale un paese non è
più un paese.