Teseo e il minotauro - 15 dicembre - Teatro Macallè - recensione


Diventare padre è un evento al quale nessuna preparazione preliminare rende pronti,  un istante che non solo cambia la vita, ma anche la percezione del mondo esterno e i rapporti con chiunque. Tutto diventa filtrato dalla nuova condizione di genitore, che impara giorno dopo giorno a conoscere un bambino con esigenze da scoprire.  Questa l’esperienza, autobiografica e a tratti scherzosa, raccontata, per singoli passi e per esilaranti episodi, da Luigi Di Carluccio.
Dall’emozione dell’ecografia, al parto, alla difficoltà dell’allattamento nella ferma intenzione di privilegiare il latte materno a quello artificiale, ai pomeriggi al parchetto.  Sono divertenti e teneri al contempo l’attenzione, la buona volontà e l’impegno enorme profusi al fine di fare tutto ciò che è meglio per un bambino, tanto da creare una sorridente empatia  in chi ascolta. La narrazione segue un registro ilare e leggero, ma rivela momenti toccanti quando descrive la fragilità di una famiglia appena nata. In una fase così delicata tutto spaventa e appare un ostacolo al benessere e alla salute. Così spaventano i pianti, le mancate poppate e, soprattutto, il senso di mortalità che colpisce ogni genitore che si scopre indispensabile ed insostituibile. Il minotauro è una forza irrazionale che può irrompere all’improvviso e disperdere ciò che più si ama al mondo, con la malattia e la fine. Alla nuova gioia si accompagna un senso di responsabilità e di timore che possono accompagnare solo ciò che più si ama. E poi ciò che ogni genitore prova nel suo cuore: la consapevolezza di aver vissuto, lavorato e fatto una quantità di gesti solo per giungere all’inestimabile bellezza dello sguardo e del sorriso del proprio bambino.
Brillante e briosa tutta la narrazione, ricca di aneddoti scherzosi ma sinceri, tali da far rivivere, in chi ascolta, analoghe esperienze comuni per ingenuità e buoni propositi. Esilaranti i racconti dei pomeriggi al parchetto con i discorsi delle mamme pronte ad elogiare i prodigi dei propri pargoli, come le reazioni diverse e goffe al nome Teseo del bimbo. Si ride tanto e, di fronte alla culla, unico elemento di scena insieme ad un pupazzo, che rappresenta il pargolo, e ad alcuni giochi, è spontaneo rievocare, ascoltando, momenti che appartengono a tutti noi e costituiscono ciò per cui vale la pena  vivere.
Intimo e universale il tema, ilare ma anche profondo il testo ed efficace e incalzante la recitazione che appare sincera come solo un’esperienza vissuta può essere. 
Uno spettacolo che coinvolge e che si vorrebbe continuasse come continua l'esperienza di ogni genitore. 

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