Una storia
tra le storie di un libro senza tempo che, con una costruzione fantapolitica
perfetta, rivela le aberrazioni di ogni totalitarismo e le tragiche conseguenze
sul singolo colpevole di pensare. In “1984” il carattere dominante è
l’oppressione, presente in ogni istante ed in ogni particolare, tale da
anestetizzare qualsiasi naturalezza negli atti e qualsiasi slancio
sentimentale. Il controllo, la paura e la soppressione di ogni caratteristica
esteriore della personalità, come l’appiattimento di ogni rapporto umano,
modificano le menti e le livellano ad un’ortodossia che equivale
all’inconsapevolezza. Fabrizio Pagella ed
Edoardo Ribatto leggono, del capolavoro di Orwell, pagine scelte con una logica
volta ad evidenziare la ripercussione, in una storia d’amore, della mancanza di
libertà, in una società immaginata (ma ispirata a quella del socialismo
staliniano) in cui il bispensiero esalta proprio come suprema libertà la
schiavitù. Il semplice sfogo di un impulso diventa un atto politico, in quanto
genuina espressione di umanità, e l’amore una scelta sovversiva da punire, in
un mondo dove tutto deve essere odio e paura e dove non sono concessi
sentimenti puri. La distopia di Orwell inserisce questa storia senza scampo
nell’ineluttabilità generale della società e non vi è nulla di più sconfortante
che un amore negato e annichilito. Tale è l’opera fagocitante, dal punto di
vista psicologico, e tanto violenti e subdoli i metodi di rieducazione, che
anche il ricordo del sentimento perisce e subentra il nulla affettivo. La
drammaticità non si limita all’impossibilità di vivere in modo vero e libero,
ma scaturisce dal plagio delle menti che, prima vive e dissenzienti, si
riducono ad estensioni del bispensiero privo di significato espresso nell’
altrettanto insignificante neolingua.
Un’ora di
sospensione drammatica, con due voci che si incalzano e creano un mondo
claustrofobico e ossessivo. La musica di Luca Olivieri suggerisce atmosfere
industriali e artificiali, contribuendo a cancellare ogni aspetto umano della
società rappresentata. L’attenzione non cede per un attimo e il momento
dell’arresto dei due amanti e della consapevolezza della fine dell’unico
aspetto della vita degno di essere vissuto è il climax, sottolineato dalla voce
metallica e asettica di un megafono, della serata. Intense le voci di Fabrizio
Pagella ed Edoardo Ribatto, pressante la prima e profonda la seconda, persuasive e all’altezza
di una narrazione di forte impatto, cruda e di grande significato. Una
splendida interpretazione che si fonde perfettamente con la musica e un’ottima
scelta all’interno del testo che rivela gusto e intelligenza selettiva. La
lettura ipnotizza gli spettatori sino al tragico epilogo finale in cui Wilson,
il protagonista, ormai privo di individualità, guadagna la morte, perché finalmente
giunto alla piattezza mentale dell’amore per il Grande Fratello.
Uno
spettacolo assolutamente da non perdere.
E’ un
piacere vedere al “Fatto bene una volta”
un pubblico così interessato e numeroso, gli applausi al termine sono sembrati
non finire e la rassegna “Voglia di teatro” si conferma un grande successo.
Al prossimo
giovedì.