La recensione su teatro.it
La recensione di Nicoletta Cavanna
La leggerezza dell'eterno poetico
L’aquilone con “le bianche ali sospese” è la lirica che apre “Aquiloni”, spettacolo poetico e musicale dosato da un‘ironia originale e vivificante.
Pascoli è recitato da Paolo Poli e da altri quattro bravissimi protagonisti (Fabrizio Casagrande, Daniele Corsetti, Alberto Gamberini, Giovanni Siniscalco) con scioltezza e un ritmo serratissimo, senza un attimo di tregua né di esitazione. E’ il poeta delle Myricae , ma è anche altro. Alla semantica del testo è sovrapposto un senso di straniamento dovuto al tono e ad un’ interpretazione unica e vagamente surreale. Così “Alba”, “Il gelsomino notturno”, “Aquiloni, “Oh Valentino”diventano una celebrazione della lingua, perdono la tragicità della morte innata nella contemplazione della natura e risuonano nella loro perfetta sonorità, incastrata nella metrica classica.
La recitazione alternata di Poli e dei suoi boys è trasfigurante e riesce, con tono lieve e ironico, a ridonare ai versi di Pascoli il potenziale innovativo che avevano nel contesto di un’epoca di poesia aulica e solenne. Dominano le sottigliezze linguistiche come le allitterazioni sottolineate in “Novembre” o il gergo italo-americano nel poemetto “Italy”. Nel virtuosismo verbale sono sottolineati i giochi onomatopeici e i suoni ispirati ai versi degli animali.
Un Pascoli immerso in un contesto da belle époque, laddove i vestiti sono sontuosi e le musiche ripercorrono atmosfere lussuose ma anche momenti storici. “L’inno dei malfattori” e “Addio Lugano bella” riportano alla giovinezza anarchico-socialista del poeta e “Tripoli bel suol d’amore” rammenta il suo discorso interventista sulla guerra di Libia (giustificato, secondo Poli in un’intervista, solo dalla tarda età del relatore).
Uno spettacolo ricco e denso, che richiede attenzione e che riesce a rendere interessante e sfaccettata una poetica che ha segnato un nuovo corso nella letteratura, volgendosi alle “umili cose” e caricandole di simbolismi eterni.
Su tutto le scenografie, costituite da teloni intercambiabili dipinti per lo più da Luzzati, rappresentanti paesaggi agresti o vie di paese. Tra essi alcuni riproducono tele di importanti artisti come il Doganiere Rousseau con una splendida giungla.
Splendidi i costumi (di Santuzza Calì) che Poli e gli attori-cantanti-ballerini che lo attorniano cambiano in continuazione, passando da un contesto messicano ad uno agreste-bucolico, alle maschere veneziane raffinatissime che si ispirano alle immagini del fondale abbinato di Luzzati.
Due i bis, uno manzoniano e uno musicale con sbarluccicanti abiti da stelline per una serata meritatamente apprezzata dal pubblico in sala.
Visto il 20/05/2014 a Valenza (AL) Teatro: Sociale
L’aquilone con “le bianche ali sospese” è la lirica che apre “Aquiloni”, spettacolo poetico e musicale dosato da un‘ironia originale e vivificante.
Pascoli è recitato da Paolo Poli e da altri quattro bravissimi protagonisti (Fabrizio Casagrande, Daniele Corsetti, Alberto Gamberini, Giovanni Siniscalco) con scioltezza e un ritmo serratissimo, senza un attimo di tregua né di esitazione. E’ il poeta delle Myricae , ma è anche altro. Alla semantica del testo è sovrapposto un senso di straniamento dovuto al tono e ad un’ interpretazione unica e vagamente surreale. Così “Alba”, “Il gelsomino notturno”, “Aquiloni, “Oh Valentino”diventano una celebrazione della lingua, perdono la tragicità della morte innata nella contemplazione della natura e risuonano nella loro perfetta sonorità, incastrata nella metrica classica.
La recitazione alternata di Poli e dei suoi boys è trasfigurante e riesce, con tono lieve e ironico, a ridonare ai versi di Pascoli il potenziale innovativo che avevano nel contesto di un’epoca di poesia aulica e solenne. Dominano le sottigliezze linguistiche come le allitterazioni sottolineate in “Novembre” o il gergo italo-americano nel poemetto “Italy”. Nel virtuosismo verbale sono sottolineati i giochi onomatopeici e i suoni ispirati ai versi degli animali.
Un Pascoli immerso in un contesto da belle époque, laddove i vestiti sono sontuosi e le musiche ripercorrono atmosfere lussuose ma anche momenti storici. “L’inno dei malfattori” e “Addio Lugano bella” riportano alla giovinezza anarchico-socialista del poeta e “Tripoli bel suol d’amore” rammenta il suo discorso interventista sulla guerra di Libia (giustificato, secondo Poli in un’intervista, solo dalla tarda età del relatore).
Uno spettacolo ricco e denso, che richiede attenzione e che riesce a rendere interessante e sfaccettata una poetica che ha segnato un nuovo corso nella letteratura, volgendosi alle “umili cose” e caricandole di simbolismi eterni.
Su tutto le scenografie, costituite da teloni intercambiabili dipinti per lo più da Luzzati, rappresentanti paesaggi agresti o vie di paese. Tra essi alcuni riproducono tele di importanti artisti come il Doganiere Rousseau con una splendida giungla.
Splendidi i costumi (di Santuzza Calì) che Poli e gli attori-cantanti-ballerini che lo attorniano cambiano in continuazione, passando da un contesto messicano ad uno agreste-bucolico, alle maschere veneziane raffinatissime che si ispirano alle immagini del fondale abbinato di Luzzati.
Due i bis, uno manzoniano e uno musicale con sbarluccicanti abiti da stelline per una serata meritatamente apprezzata dal pubblico in sala.
Visto il 20/05/2014 a Valenza (AL) Teatro: Sociale