Quelle due come noi - 24 novembre - Teatro Macallé - recensione


Un ambiente ristretto, un monolocale, due donne diversissime tra loro e tanto distanti da dialogare senza ascoltarsi e creare un effetto surreale per una vicenda che dura una notte e termina di primo mattino.  Luisa, casalinga disperata tradita e lasciata dopo 15 anni dal marito disamorato di lei, si rifugia in casa di Giulia, single indipendente e battagliera. Il pensiero corre subito alla strana coppia di Neil Simon, perché le diverse abitudini delle due si scontrano in un’esilarante impossibilità  di convivenza.
Luisa ha la necessità di prendersi cura della casa e di un uomo, la sua idea di convivenza si traduce nella gioia di fare i lavori domestici per qualcuno e questa è la ragione di vita che la anima. La fine del  matrimonio significa la perdita della sua identità che corrisponde esattamente ai gesti del ménage domestico quotidiano. Il suo amore non ha nulla di passionale o di romantico, si manifesta solo nel preparare un cocktail  segreto prediletto dal suo uomo (“mi ha piantata dopo che gli ho rivelato la ricetta del cocktail” ), nel trovargli i calzini e nel fare il bucato con mille accorgimenti e prodotti. Questa ossessività irrita Giulia, donna apparentemente realizzata e combattiva, in realtà sola e tanto disamorata di sé e del mondo da non ricordarsi neppure il suo compleanno. Donne di 40 anni sole e prive di scopo, cui non è dato neppure il sollievo dell’amicizia, poiché tra loro  regna l’assoluta incomunicabilità. Per Giulia sono tediose  le manie di perfezione domestica ,  a Luisa sono totalmente estranee le armi seduttive femminili che l’amica tenta di insegnarle. Lo scambio di battute è incalzante e irreale, sulla psicologia prevale una dimensione tragicomica che travolge i singoli caratteri e fa di essi dei modelli femminili di solitudine del nostro tempo. Si ride tanto, le situazioni si susseguono in un’unità di tempo e di luogo con una tensione comica che non cede e che si alimenta di un rapporto con l’esterno e con personaggi maschili attraverso il telefono che squilla in modo imperioso. Non c’è un finale salvifico, solo una liberazione momentanea con l’allontanamento temporaneo, con un pretesto, di Luisa dalla casa dell’amica esausta della sua presenza. Nulla è definito se non la fine del matrimonio di Luisa e tutto potrebbe ricominciare come dissolversi come un sogno, tanto onirica la vicenda appare.
Molto brave Maria Angela Baiardi e Fabiola Crudeli,  credibili dall’inizio alla fine ed esilaranti nei gesti e nelle espressioni. La loro disinvoltura consente di non cadere mai nel macchiettistico, pur evitando le profondità psicologiche, per innalzare ad archetipi le rappresentate tipologie femminili in una società che identifica le persone in base ad un ruolo che è terribile perdere.
Anche questa volta teatro pieno e meritato successo di pubblico per una rassegna  che ha finora proposto ottimi spettacoli. 
Nicoletta

POST RECENTI