"Cesare, la luna e la vigna" - 1 dicembre - Costigliole d'Asti - recensione

“Io sono un uomo molto ambizioso e lasciai da giovane il mio paese…” così inizia “Pavese, la luna e la vigna”, uno spettacolo che si distingue dal reading e dalla biografia per compenetrare la figura di Pavese nelle sue opere e tracciare le sue inquietudini di uomo attraverso gli scritti nei diversi momenti della  vita.


Ci appare lo  scrittore ancora giovane, nella vita in famiglia e nel rapporto con la sorella, con il suo amore per la letteratura americana e la traduzione di Moby Dick di Melville. Ogni momento chiave della vita dell’autore è rappresentato con la sua opera: passiamo dal capitano Achab che avvista la balena bianca immensa come un’isola, a “Il Carcere” del confino a Brancaleone Calabro per attività antifascista,  alla tragedia di Gisella in “Paesi tuoi “. La campagna è dura e violenta, ma è anche un rifugio come nella “Casa in collina”, dove Corrado ritrova Cate e ancora non riesce a comunicare con lei e a superare le sue ritrosie e i suoi timori di responsabilità. Difficile rapporto quello dell’autore con le donne, riflesso nei suoi libri e nella strana attrattiva per compagne inadatte e incomprensibili, tratteggiate con rudezza e poi rimpianto. Tutte le donne citate nel corso della serata, tratte dai libri di Pavese o dalla sua vita (come la sorella o Connie, l’ultimo sfortunato amore cui è dedicato “La luna e i falò”), sono interpretate in modo intenso ed efficace da Federica Tripodi, che passa da un ruolo all’altro con un’espressività ed una tragicità che lascia il segno, nell’ambito di uno spettacolo interpretato benissimo da attori convincenti e trascinanti.
“Vent’anni che sono via e questi paesi mi aspettano sempre…”, con questa identità e questa certezza da cui si dipartono mille domande e inquietudini universali e con il dialogo del protagonista de “La luna…” con Nuto,  l’amico di sempre, termina la serata sulle note di “Com’è bella la luna”. La voce di Paola Tomalino, che ha accompagnato tutti i momenti dello spettacolo con canzoni bellissime, ci incanta e ci trasporta in un mondo laddove la suggestione degli antichi miti si fonde con lo stupore degli amanti appesi alla luna. 
Stupisce, in un paese,  uno spettacolo così bello, in un bel teatro, in un momento difficile per la cultura e per la vita delle compagnie teatrali come questo. La Compagnia degli Acerbi ha organizzato anche quest’anno una stagione teatrale ammirevole e il primo spettacolo, proprio da questa messo in scena,  si è dimostrato geniale nella trasposizione e nell’interpretazione di fatti, scritti e personalità di Cesare Pavese, rendendo l’insieme, che ne è risultato, originale e poetico.
Ogni spettacolo della “Mezza Stagione” è seguito da un dopo spettacolo nell’adiacente cantina dei vini, il cui argomento è “Le altre”, una storia a puntate delle donne che nelle varie epoche hanno ricoperto il ruolo di amanti, concubine e mai legittime spose.  Massimo Barbero ci ha letto, in tono semiserio e divertente, ma con argomenti assai documentati, un testo sulla genesi del concubinato a partire dalla bibbia, all’Atene di Pericle, alla Roma di Ovidio sino a S. Agostino. Difficile il ruolo delle donne amate e non legittimate, sempre perdenti seppur belle, affascinanti e ispiratrici di amore, liriche e forti passioni. Tema interessante e gustosamente trattato in una tarda serata di qualità.
Proprio meritevole questa rassegna e iniziata nel migliore di modi, certamente da seguire. 

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