FAUSTO PARAVIDINO "IL DIARIO DI MARIA PIA" - recensione


FAUSTO PARAVIDINO
IL DIARIO DI MARIA PIA Teatro Sociale di Valenza
g 10 e 11 dicembre

Una vicenda biografica del regista-attore Fausto Paravidino che parte dalla scoperta della malattia della madre e si dipana nelle sue varie fasi attraverso vicende ricreate e più personaggi interpretati da lui e da Iris Fusetti. Durante le loro prove di "Tutto bene quel che finisce bene" nel 2006 ha inizio la vicenda che man mano precipita e trasforma una donna intelligente, attiva e colta in una malata terminale non solo sofferente del suo male, ma anche travolta dal male oscuro che nullifica ogni volontà. Proprio il termine "niente" è ripetuto continuamente da Maria Pia, interpretata da Monica Samassa.
Il tono è dimesso e il ritmo del discorso è lento a significare una spossatessa mentale e fisica che travolge ogni anelito alla vita e ogni interesse, come se l'esistenza, la cultura e il desiderio di imparare prima tanto inseguiti si rivelassero un nulla di fatto. Sarà il raccontare la fatigue, cioè il senso di spossatezza che travolge "come un rullo compressore" la sostanza della vita, a risvegliare una volontà utile almeno ad accompagnare la protagonista ad una morte migliore. Il figlio Fausto trascrive il suo diario sotto dettatura e si fa strumento di una narrazione che, partendo dalla depressione più cupa, arriva a ricordare ciò che alla fine emerge limpidamente: la serenità di non aver lasciato nulla di incompiuto, i bei ricordi, le persone amate e i sentimenti. Il tema è profondamente drammatico e soprattutto è universale, travalica la dimensione biografica per riguardare tutti noi e porci di fronte alla morte, al saper morire e, soprattutto, al saper vivere i momenti importanti. Alla fine della sua vita Maria Pia ci rivela che c'è qualcosa di più importante dell'eternità e si tratta proprio dei momenti che si sono vissuti e che sempre rimangono in noi. Come non riconoscersi in una riflessione così vera? La drammaticità è resa lieve dalle continue trasformazioni dei protagonisti, Fausto e Iris, che interpretano loro stessi e altri personaggi (la sorella infantile e inconcludente di lui, la dottoressa che suggerisce la descrizione della fatigue, il fratello di Maria Pia un po' commovente nei suoi luoghi comuni di conversazione...). Ottima la recitazione sia per l'eclettismo nei continui cambiamenti citati, sia per l'intensità. Il faticoso narrare di Maria Pia e la sua sofferenza sono a tratti sottolineati dalla proiezione del suo viso sui teli bianchi di sfondo che costituiscono sia delle quinte sia una lente di ingrandimento dei momenti più accorati. Gli unici elementi sulla scena sono poche sedie e qualche appendiabiti per indumenti che vengono man mano indossati. Al centro, dal momento del ricovero all'ospedale, una sedia a rotelle che rappresenta il luogo di degenza, la stanza e il letto stessi. Molto toccante e al contempo condivisibile perché è una storia che non passa accanto, ma è di tutti.

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