Due
protagonisti che esprimono due diversi modi di vedere il teatro. Da un lato un
ideale di cultura e libertà, sciolto da vili interessi e logiche clientelari,
volto solo al serissimo gioco di rendere vero e vivo ciò che emerge da
lontananze secolari, dall’altro la pura logica commerciale e affaristica. Marina Thovez e Mario Zucca, avvolti da
mantelli neri, ai lati del sipario decorato con finti graffiti latini sbiaditi,
parlano, con intento ispirato lei e con piglio manageriale lui, dell’intento di
mettere in scena un classico senza tempo, la Casina di Plauto, commedia
dall’intreccio serrato che impietosamente deride le debolezze umane. Esilaranti
i due punti di vista, diversissimi eppure accomunati da un’unica grande
necessità: l’economia che impone a due attori di impersonare otto parti di
personaggi spesso insieme sulla scena. Questo limite diventa il motore comico
dell’intero spettacolo, velocissimo come una commedia dalla trama incalzante
deve risultare, grazie alla trasformazione e ai travestimenti repentini, quasi
da trasformisti, dei due. Attraverso lo scenario che rappresenta una villa
romana dalle pareti affrescate in rosso pompeiano, con un sapiente gioco di
luci, si intravedono manichini a simulare personaggi. Gli stessi manichini
vengono portati in scena e, con la recitazione splendida e incalzante dei protagonisti,
sembrano animarsi e possedere la voce che viene loro regalata. Marina Thovez ha
una straordinaria capacità di mutare tono e atteggiamento, maturata in anni di
doppiaggio e messa a nudo in una prova intensa di un’ora e mezza di continue
trasformazioni. Mario Zucca è esilarante in tutte le parti che recita,
rendendosi credibile anche in panni femminili ben poco probabili. Entrambi
recitano tutto e si scambiano i ruoli sia maschili che femminili, dando luogo a
momenti ilari di teatro nel teatro quando entrano in scena in contemporanea con
lo stesso abito e interpretando la stessa parte.
Casina è la bellissima fanciulla adottata da
Strepitosa e Sciolgotutto, bramata da quest’ultimo, dal loro figlio e dagli
schiavi Olimpione e Palino. Mentre
Sciolgotutto la vuole dare in sposa al fattore, per goderne lui stesso, la
moglie, gelosa e arcigna, trama per darla a Palino. Una beffa manderà a monte i
piani dissoluti degli uomini e ristabilirà la pace familiare mettendo fine agli
istinti lussuriosi. La magia è tale da
non perdere per un attimo il filo della trama che risulta credibile, molto
divertente e attuale come lo sono le debolezze del genere umano.
Il finale,
con la risoluzione della vicenda a seguito dell’ inganno che smaschera e
impedisce un tradimento coniugale, vede
otto manichini in scena a rappresentare i personaggi. I due attori si
avvicinano come in una danza ad ognuno di essi e mutano voce dando loro animo e
sentimento, sino alla pace e al lieto fine.
Non un
attimo di cedimento, non una caduta di tono e un ritmo sempre serrato e
rigorosamente comico. In sala parecchi studenti delle scuole superiori, è stato
un piacere sentirli ridere e godere di un testo classico proposto in chiave
attuale e innovativa ed è stato un piacere riscoprire la Casina interpretata in
modo geniale da Ludus in fabula.