"Lo zoo di vetro" - Teatro Sociale di Valenza - 6 gennaio- Recensione


La prua di una nave con alcune casse e cime tirate costituisce la scena e, su un lato, seduto su una cassa, un uomo racconta, offrendo "verità sotto forma di illusioni" e spostandosi nel tempo, un dramma familiare immobile e immutato. Siamo negli anni '20 a Saint Louis e Tom, prima di imbarcarsi nella marina mercantile e di viaggiare per il mondo, vive, dopo l'abbandono da parte del padre, con la madre ossessiva e frustrata e con Laura,
la sorella claudicante e complessata. I rapporti all'interno del nucleo familiare sono tesi e improntati alla preoccupazione della madre per la solitudine di Laura, timidissima e incapace di comunicare con il mondo esterno, intenta ad accudire il suo zoo di vetro, una collezione di animaletti che costituiscono la sua sola gioia e compagnia.
Aurora Peres è splendida nell'interpretazione di una fanciulla fragilissima, insicura e priva di ogni speranza. La sua voce è stentata, a tratti zoppicante e tutta la sua postura rivela, oltre ad una difficoltà nell'incedere, una sofferenza psicologica in ogni gesto. La madre e Tom hanno un rapporto di scontro perenne e di incomunicabilità insanabile, dovuta alla frustrazione della donna nei confronti di tutto ciò che entrambi i figli sono diventati, infrangendo i suoi sogni giovanili, narrati ripetutamente sino a provocare idiosincrasia.
E' un dramma senza soluzione se non la fuga, rappresentata dalla nave stessa e dai rumori di bordo che si mischiano, durante la storia, alle musiche di un dancing vicino alla casa, luogo dove invece la vita scorre lieta e le coppie si innamorano. Tom vaga per il mondo e ricorda l'unica speranza vana accesasi nel cuore di Laura nei confronti di un suo compagno di lavoro (anch'egli interpretato da Jurij Ferrini), da lui invitato a cena su richiesta insistente della madre. Lo svanire immediato di questo barlume di possibilità di amore cristallizza ancora più la solitudine e l'insicurezza della fanciulla e questo pensiero rimarrà ossessivamente nella mente di Tom. Il finale commuove e fa rabbrividire: Tom saluta con un gesto immobile Laura che scende dalla prua della nave e pare inabissarsi a poco a poco, sino a che anche la sua mano scompare del tutto. Nessuno l'ha aiutata e la sua vita è diventata una voragine di solitudine e di vuoto.
Bello dall'inizio alla fine senza un attimo di cedimento e bravissimi i tre interpreti, dei quali Jurij Ferrini è anche regista. Ancora una nota di merito alla scelta della scena, essenziale, evocativa e sorprendente per versatilità (le due protagoniste, sia all'inizio che alla fine, non escono di scena in modo tradizionale, ma si arrampicano o si gettano dalla nave, come se entrassero nel mondo, ormai distante da loro, di Tom).
Da vedere e applaudire assolutamente.

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