Sexmachine - Teatro Sociale di Valenza - 30 marzo - Recensione


Sexmachine di James Brown è la musica che scandisce l’inizio dello spettacolo, ma è anche un modo di pensare, un atteggiamento mentale che porta a considerare il sesso una merce, desiderabile perché a pagamento come ogni genere di consumo. Giuliana Musso interpreta sei personaggi, di cui 4 uomini, e, attraverso i loro dialoghi con il musicista che la accompagna, racconta punti di vista di clienti e prostitute, ambientando i racconti nel nord est,  luogo particolarmente fervido per tale commercio e ricco di locali a luci rosse. I dati reali da cui parte per un’analisi, che viene man mano incarnata con i protagonisti che prendono vita , sono imponenti:  ogni giorno 25.000 atti sessuali a pagamento, un fenomeno che ha molte origini e che si può definire trasversale, perché comune a persone di ceto e vite differenti.
Alcuni personaggi riflettono cliché prevedibili, uomini la cui mentalità è stata forgiata sulla divisione tra sesso e sentimento, incapaci di vivere una vita piena e priva di una dissociazione tra una vita matrimoniale ipocritamente serena e un preteso sfogo dei sensi con professioniste del settore. L’anziano nostalgico frequentatore di case chiuse viene messo a nudo sino alla rabbia cieca da una domanda dell’antipatica e incomprensibile  figlia single che gli chiede chi lui sia, dopo una vita le cui uniche soddisfazioni e gli unici momenti sinceri sono trascorsi tra le braccia di prostitute, solo luogo di totale abbandono e libertà. Decisamente ironico il tono, ma molte le riflessioni cui inducono punti di vista tanto ottusi e maschilisti quanto radicati e confermati da statistiche precise. In particolare due i personaggi più inquietanti: la madre di famiglia, vittima di un perbenismo borghese che la inchioda ad una vita votata alla repressione più feroce di ogni desiderio, e il cliente non abitudinario, che preferisce confessare il suo fallimento economico ad una sconosciuta piuttosto che alla moglie amata. In entrambi i casi la recitazione tocca momenti di alta drammaticità. La madre ostenta una serenità vuota che crolla ogni volta che si rivolge al figlio che gioca e viene da lei apostrofato con urla isteriche e con le peggiori frasi diseducative possibili (“non sei mica una femminuccia”). Il suo matrimonio privo di felicità sessuale è fatto di regole e responsabilità laddove l’amore non trova collocazione e la sua sicurezza circa la fedeltà del marito suona falsa e forzata. Il cliente saltuario mostra tutta la disperazione della mancanza di sintonia mentale e di sincerità all’interno della famiglia, tanto cronicizzata da costituire la regola dello stare insieme. Bravissima Giuliana Musso: nell’ambito dello spettacolo passa da una caratterizzazione all’altra con una facilità sorprendente, coinvolgendo il pubblico e mutando, di volta in volta, voce e gestualità. La sua versatilità convince pienamente anche quando veste panni maschili e dipinge, con la voce e con posture che, già da sole, suggeriscono pensieri e intenzioni, le meschinità e le debolezze di uomini fondamentalmente soli e incapaci di comunicare. L’accompagnamento musicale è godibilissimo ed è parte dello spettacolo, insieme alle risposte telegrafiche e alle espressioni molto significative di Igi Meggiorin, chitarrista e spalla preziosa della protagonista per tutta la serata. Bello, divertente, di notevole spessore e recitato splendidamente. 
Nicoletta

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