Le sovrappopolazioni di colombi di città innescano un processo di 'animalizzazione'del substrato urbano, mediante il suo inquinamento con deiezioni, piume, escreti, uova, carcasse in putrefazione. Questo favorisce l'inurbamento di altri sinantropi non tollerabili quali topi, acari, zecche, mosche spesso vettori di pericolose zoonosi o causa di allergie.
Anche in contesto rurale il colombo reca danni per imbrattamento e contaminazione fecale di alimenti ad uso zootecnico, ponendo problemi relativi all'igiene dei mangimi e, inoltre, incide negativamente sulle coltivazioni, in particolare cerealicole oleaginose e proteiche (mais, pisello proteico, soia, girasole, ecc), insistendo sulle plantule appena emerse dal terreno.
Il colombo incide negativamente sulla biodiversità: spesso occupa siti colonizzabili da uccelli selvatici, come i Rondoni, meglio tollerati nel tessuto urbano. Questi ultimi a loro volta, analogamente ad altre specie di uccelli (es. Taccola) e di mammiferi (Chirotteri), possono essere danneggiati dagli interventi messi in atto dai privati o dalle amministrazioni pubbliche per scoraggiare la nidificazione dei colombi.
"Le sovrappopolazioni di colombi possono, in alcuni casi, elevare il livello di rischio sanitario in maniera diretta, costituendo essi stessi fonte di patologie, e indiretta, albergando o richiamando altri animali vettori di parassiti" afferma con preoccupazione il presidente provinciale di Confagricoltura Alessandria Gian Paolo Coscia.
La massiccia presenza del colombo nelle campagne e nelle città e le conseguenze da essa derivanti hanno da sempre destato l'interesse delle amministrazioni pubbliche e delle organizzazioni agricole, sollecitate ad intraprendere provvedimenti per migliorare la convivenza con questi uccelli sinantropi.
"L'argomento non è mai stato di semplice trattazione per la mancanza di precisi riferimenti normativi, strumenti necessari alle amministrazioni per adottare interventi di controllo.
La confusione deriva dall'inquadramento giuridico del colombo di città che nel tempo ha visto altalenare la sua posizione da fauna selvatica ad animale domestico, con tutte le implicazioni giuridiche conseguenti" asserisce il direttore provinciale di Confagricoltura Valter Parodi.
Secondo Confagricoltura Alessandria, il colombo va considerato come fauna selvatica e, pertanto, è possibile sfruttare la possibilità di contenimento dettata dall'art. 19 della 157/92: "Le regioni, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Qualora l'Istituto verifichi l'inefficacia dei predetti metodi, le regioni possono autorizzare piani di abbattimento. Tali piani devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali. Queste ultime potranno altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l'esercizio venatorio, nonché delle guardie forestali e delle guardie comunali munite di licenza per l'esercizio venatorio."
In questo caso sarà la Regione e, per delega, le Province a dover provvedere al controllo delle sovrappopolazioni di colombi, alla stessa stregua dei piani di contenimento per altri animali selvatici, quali corvidi ed ungulati.
Fino a pochi mesi fa in provincia di Alessandria i volatili venivano prelevati dal personale del Servizio di vigilanza faunistico-venatoria in base alle ordinanze emesse dai sindaci per motivi sanitari.
Era però stata disposta dal Prefetto una sospensione del prelevamento motivata dall'attesa del parere di legittimità da parte dell'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, dopo la denuncia di un'associazione animalista al Prefetto e alla Provincia di Alessandria.
Ma qualcosa è cambiato la scorsa settimana, tanto che la Prefettura ha comunicato alla Provincia: "I piccioni «di città» non si possono abbattere, almeno non come prima soluzione, in base a quanto deciso dall'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (Infs)".
In altre parole, la Provincia e la Prefettura hanno assunto posizioni che confermano le tesi di Confagricoltura Alessandria: il piccione è da paragonare al cinghiale e al capriolo.
Quindi anche la modalità di controllo della specie cambia: prima si adotteranno metodi ecologici, come i mangimi per sterilizzare gli animali, poi se questi non saranno efficaci si dovranno predisporre piani di prelevamento.
"A questo punto come per le altre specie selvatiche la Provincia dovrà predisporre piani di abbattimento, le Asl dovranno accertare il rischio sanitario e sarà necessario censire tutti i piccioni presenti sui singoli territori comunali" prosegue il direttore Parodi.
E il presidente Coscia conclude: "La nostra associazione si ritiene comunque soddisfatta, perché dopo anni di dure battaglie per il controllo dei piccioni, finalmente la partita è vinta. E si apre un nuovo capitolo della storia, che vede la pubblica amministrazione sulla stessa linea delle associazioni agricole".
Alessandria, 21 gennaio 2008