LA LUNGA ESTATE DEL ’63
Secondo capitolo
Quella Domenica iniziava la stagione estiva alla piscina comunale e noi tutti accogliemmo l’evento con entusiasmo.
Alle ore 9,30 eravamo già all’ingresso e, dopo aver consegnato le nostre fiammanti biciclette, dono delle promozioni scolastiche al deposito antistante
l’ingresso principale e dopo aver pagato le 50 Lire di entrata, in men che non si dica, ci trovammo in costume sul bordo della vasca grande.
Smilzo ed io, eravamo bianchi come albini, mentre Scià aveva già una invidiabile abbronzatura della quale andava orgoglioso e solo col tempo, capimmo che quel bel colorito bronzeo non era dovuto a fantastiche gite al mare come voleva farci intendere, bensì ad un normale fattore costituzionale.
Eravamo sprovvisti di zoccoli, quindi fu ardua l’impresa di camminare scalzi sulle roventi piastrelle di Gress rosso che pavimentavano tutto lo spazio circostante.
Senza pensarci due volte, ci gettammo in acqua ma, dopo solo poche bracciate, ci rendemmo conto che, in mancanza assoluta di allenamento, forse era cosa buona risalire all’asciutto ed accontentarsi almeno per il primo giorno di stenderci al sole.
Tutti e tre sdraiati sui nostri asciugamani ci guardavamo attorno assaporando il primo caldo estivo.
Il de bello gallico, Cicerone, Cesare e le odiate declinazione latine, finalmente, non erano che un lontano quanto apparentemente inutile ricordo.
Passarono brevi istanti e la nostra attenzione fu galvanizzata da un gruppetto di ragazze che, poco distante e sedute a cerchio, giocavano a carte.
I loro attillati costumi esaltarono subito le nostre ribollenti fantasie erotiche di quindicenni magari inesperti ,ma appassionatissimi all’argomento.
Stilammo una improvvisata classifica di chi, tra le ragazze, avesse le tette più intriganti e, all’unanimità assegnammo il titolo de “Le più belle tette dell’estate 1963” ad una bella bionda di circa 25 anni con tutti i suoi generosi ed abbondanti attributi messi proprio al posto giusto.
Dopo una veloce conta, toccò proprio a me il difficile compito di andare a comunicarglielo.
L’impresa mi apparve subito molto ardua per due motivi: primo, ero fondamentalmente timido, secondo, non potevo farlo notare ai miei amici ai quali a volte, raccontavo delle improbabili ed enormi balle sulle mie esperienze ed avventure sessuali.
Facendo buon viso, mi avvicinai alla bionda, mi tremavano le gambe dall’emozione, ma dovevo mostrarmi disinvolto agli occhi dei miei amici, ma soprattutto agli occhi delle ragazze.
Giunto in prossimità della bionda raccolsi tutto il coraggio che avevo e cercando di assumere l’atteggiamento più sfacciato possibile dell’uomo vissuto dissi tutto d’un fiato: “ Hai le tette più belle del mondo”.
Finii a malapena la frase e la bionda senza proferir parola alcuna, mi mollo una sberla che mi fece zufolare le orecchie. ( Nota di redazione; Come sono cambiati i tempi).
Arrossii, tossii nervosamente, mi voltai, ma invece di tornare dai miei amici, che intanto sghignazzavano ormai senza contegno, mi vestii di botto e come un fulmine inforcai la bicicletta e pedalai a più non posso e senza meta per scaricare tutta la rabbia e la vergogna che avevo acculato.
Fine secondo capitolo
Alessandria, 19 Dicembre 2007
Gianni Regalzi
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