"La Maglia Nera" - 8 maggio - Teatro Ambra Alessandria - Recensione


Luigi Malabrocca, “ un nome che sa di scalogna nera”, di ultimo tra gli ultimi, di fatica senza gloria. Questo il mito del ciclista eterno perdente rivisitato con ironia e originalità da Massimo Poggio, Gualtiero Burzi e Matteo  Marsan.  Luigi, detto Luisin,  Malabrocca inizia a correre per passione, dopo essersi innamorato del ciclismo da bambino, vedendo Girardengo, e per fuggire la povertà, come l’amico Coppi.
Il ciclismo è una metafora della vita e, in quegli anni, diventa strumento di riscatto sia per chi lo pratica che per chi lo segue, vivendo di vita riflessa le imprese degli eroi nati dal popolo. Tra questi proprio chi arriva ultimo diventa un simbolo, la maglia nera ispira simpatia e rende lo sfortunato ciclista, che non riesce a tenere il passo degli altri, degno di regali ed elargizioni. Malabrocca comprende l’opportunità di guadagno e inizia a gareggiare al contrario, affinando i mezzi e le opportunità per vincere tutti i traguardi a premi (questi ultimi ci fanno sorridere: un salame, un salotto…), pur arrivando ultimo entro il tempo utile. Spietata la narrazione che svela un lato completamente antieroico del giro d’Italia, seppur comprensibile e motivato dalla povertà di origine dei contendenti, sempre più astuti e lontani dallo spirito sportivo che gli spettatori plaudono. Divertente e caustica la narrazione delle trattative con gli altri ciclisti e,  in particolare, con il generoso Coppi, lo spilungone di poche parole,  sinceramente amico, come può esserlo chi proviene dallo stesso contesto e comprende la necessità di fuggire la miseria. La fine della carriera di Malabrocca ha un nome: Carollo, l’unico più abile di lui, prima per caso poi per calcolo, ad arrivare ultimo e ad aggiudicarsi l’ambito primato di popolarità. Questa disperata contesa tra perdenti strappa la risata e scende in particolari godibili come gli espedienti più grotteschi per rallentare l’andatura.  Bel testo, colorito da espressioni dialettali veritiere e narrato dai tre protagonisti in modo vivace e alternato. Una musichetta allegra accompagna a tratti gli annunci del giro d’Italia e i tre attori, con grande versatilità, diventano ora i ciclisti proiettati in un mondo di fatica e gloria, ora i cronisti che documentano con voce metallica le tappe, ora i giudici, costretti ad aspettare per ore gli ultimi corridori, sempre meno lucidi a causa di libagioni protratte per ingannare il tempo.  Divertente e recitato con la perizia e l’apparente leggerezza che consente , a chi ascolta, di non distrarsi neppure un attimo. Teatro meritatamente colmo per un fine rassegna di grande successo.

POST RECENTI