MARAT/SADE
ovvero
“La persecuzione e l’assassinio di Jean Paul Marat rappresentati dai filodrammatici dell'ospedale di Charenton sotto la guida del marchese De Sade”
“La persecuzione e l’assassinio di Jean Paul Marat rappresentati dai filodrammatici dell'ospedale di Charenton sotto la guida del marchese De Sade”
Regia di Serena Pasetti
Con: Barbara Arena, Gianfranco Cereda, Claudia Chiodi, Marco Ferrari, Simona Gandini, Franco Gabriele, Luca Lolaico, Silvia Martinotti, Giovanna Perlongo, Luca Zilovich
Musiche originali di Andrea Negruzzo ( pianoforte) e Eugenio Solinas ( violoncello acustico)
Peter Weiss non ha inventato l’elemento fondamentale del suo dramma “La persecuzione e l’assassinio di Jean Paul Marat recitata dai ricoverati del manicomio di Charenton per la regia del marchese De Sade”.
Infatti realmente De Sade, che era stato rinchiuso a Charenton nel 1803 e doveva morirci nel 1814, organizzava nel manicomio, con l’approvazione del direttore fiducioso nel potere terapeutico dell’arte, recite di propri drammi con pazzi come attori e personaggi del demi-monde parigino come spettatori.
La invenzione di Weiss è altrove. Egli ha messo in scena De Sade in atto di mettere in scena la morte di Marat: dunque, per prima cosa abbiamo il dramma del dramma - un po’ come nei Sei Personaggi – e il contrasto ideologico tra De Sade e Marat, il dialogo tra i quali ci sorprende oggi con la sua imbarazzante attualità. Prigionieri della propria pazzia e insieme delle pazzie del mondo, gli attori ondeggiano da una tesi all’altra sotto lo sguardo costernato del direttore di Charenton.
L’architettura complessa prevede vari piani rappresentativi, nel vecchio modo del teatro nel teatro, ma spesso intersecati fra loro. I matti, ad esempio, che interpretano la pièce, talvolta improvvisano scene non previste dal regista; costui, dirigendo la recita, talora interrompe l’azione per filosofici monologhi; Marat, per suo conto, ora dice le battute previste dal copione, ora alterca con Sade.
Il nodo del dramma però consiste nello scontro fra due concezioni della storia, due nature e due caratteri: Sade da un lato, pessimista ma lucido predicatore del Male irrimediabile, Marat dall’altro, l’amico del popolo che crede realizzabile il Bene attraverso la violenza; come dire l’individualismo dell’intellettuale disimpegnato e l’ascesi del radicale rivoluzionario, due forze che finiscono per soccombere insieme nel caos, dopo un lungo confronto e la pugnalata di Carlotta, quando i pazzi travolgono la finzione in una marcia a passo di danza, allegoria tremenda dell’ineluttabilità della storia.
Infatti realmente De Sade, che era stato rinchiuso a Charenton nel 1803 e doveva morirci nel 1814, organizzava nel manicomio, con l’approvazione del direttore fiducioso nel potere terapeutico dell’arte, recite di propri drammi con pazzi come attori e personaggi del demi-monde parigino come spettatori.
La invenzione di Weiss è altrove. Egli ha messo in scena De Sade in atto di mettere in scena la morte di Marat: dunque, per prima cosa abbiamo il dramma del dramma - un po’ come nei Sei Personaggi – e il contrasto ideologico tra De Sade e Marat, il dialogo tra i quali ci sorprende oggi con la sua imbarazzante attualità. Prigionieri della propria pazzia e insieme delle pazzie del mondo, gli attori ondeggiano da una tesi all’altra sotto lo sguardo costernato del direttore di Charenton.
L’architettura complessa prevede vari piani rappresentativi, nel vecchio modo del teatro nel teatro, ma spesso intersecati fra loro. I matti, ad esempio, che interpretano la pièce, talvolta improvvisano scene non previste dal regista; costui, dirigendo la recita, talora interrompe l’azione per filosofici monologhi; Marat, per suo conto, ora dice le battute previste dal copione, ora alterca con Sade.
Il nodo del dramma però consiste nello scontro fra due concezioni della storia, due nature e due caratteri: Sade da un lato, pessimista ma lucido predicatore del Male irrimediabile, Marat dall’altro, l’amico del popolo che crede realizzabile il Bene attraverso la violenza; come dire l’individualismo dell’intellettuale disimpegnato e l’ascesi del radicale rivoluzionario, due forze che finiscono per soccombere insieme nel caos, dopo un lungo confronto e la pugnalata di Carlotta, quando i pazzi travolgono la finzione in una marcia a passo di danza, allegoria tremenda dell’ineluttabilità della storia.
Serena Pasetti