Cleopatràs- Teatro Sociale di Valenza - 15 Febbraio - recensione

Una regina in disgrazia che siede e si dimena su un trono-sgabello e si definisce “reina dal dolor squartata”. Questa la Cleopatra di Testori, interpretata in modo tanto intenso da apparire viscerale, dalla bravissima Arianna Scomegna.  La lingua utilizzata dall’autore è complessa e viene vissuta ancor prima di essere pronunciata dalla protagonista, che comunica al di là della totale comprensione delle parole da parte del pubblico. Si tratta di una commistione di dialetto brianzolo e latinismi, laddove si ripete insistentemente il suffisso “as”, evocatore di una geografia della memoria nella quale è nominato il paese Asso, sito in Brianza.

Proprio in questa parte di mondo è trasportata la vicenda di Cleopatra, che ricorda ogni particolare delle sue terre perdute e del suo amore con Antonio lì consumato. La topografia della zona è da lei dipinta sulla tunica bianca durante il suo lamento e i colori utilizzati segnano storie e nostalgia disperata.  Cleopatràs ha perso tutto, le rimane una passionalità frustrata che sfoga con il turpiloquio e con ossessivi riferimenti erotici. Rimpiange la vita passata e soprattutto la mascolinità del suo uomo, del quale rammenta con disperazione e lussuria ogni parte del corpo e ogni momento di intima felicità. La protagonista passa con disinvoltura da battute sboccate a registri di ira e sconforto estremamente tragici e il linguaggio inventato e lirico è reso da lei particolarmente significativo, nonostante le sue asperità. E’ tale l’evocazione da poter consentire all’ascoltatore di comprendere, se non con gli strumenti linguistici tradizionali, con l’empatia che si crea grazie alla recitazione e alla potenza di una lingua creata appositamente per un dramma assoluto. Si tratta di un gramelot colto e poetico, ma anche materiale come lo è l’amore per la vita che passa attraverso i sensi e la passione di Cleopatràs, donna di carne e sangue che solo con la morte può placare la sua brama frustrata di piacere. Grandissima interpretazione e testo denso di significati. Il desiderio, a fine spettacolo, è ricominciare a rivedere il tutto dall’inizio, per decifrare nuovi significati stratificati e godere di aspetti non notati ad un primo ascolto. Solo il grande teatro e la grande letteratura possono suscitare ciò. 
Nicoletta

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