COMUNICATO STAMPA
L'attenzione dedicata all'agricoltura nei dibattiti elettorali di questi giorni non è così ampia come vorrebbe Confagricoltura.
"Le imprese vanno riportate al centro dell'agenda politica italiana" afferma il presidente di Confagricoltura Alessandria Coscia "Su questo e altri argomenti il presidente nazionale Federico Vecchioni dibatterà con gli ospiti nel corso delle sei sessioni tematiche che saranno sviluppate al Forum Il futuro fertile in programma dal 27 al 29 marzo a Taormina".
All'atteso evento di Confagricoltura saranno presenti anche il presidente provinciale Gian Paolo Coscia e il direttore provinciale Valter Parodi, che sosterranno le ragioni del settore primario:"Non collocare il sistema agricolo ed agroalimentare al centro delle scelte economiche e politiche del Paese, costituisce un errore strategico. L'agricoltura deve essere davvero settore primario".
Lo dimostra anche il recente andamento dei mercati nazionali ed internazionali, che ha evidenziato l'importanza strategica dell'auto-approvvigionamento delle derrate alimentari.
Il sistema agricolo e agroalimentare incide per il 15% sul prodotto interno lordo nazionale e conta milioni di addetti. Un dato peraltro sottostimato, in quanto non tiene conto di molti beni e servizi che gli imprenditori, con l'attività agricola e forestale, svolgono a favore della collettività.
La gestione dell'ecosistema affidato agli agricoltori che lo utilizzano come fattore di produzione e anche lo custodiscono e lo rinnovano nel tempo costituisce un valore immateriale non rilevato dalle statistiche ma di immenso significato per lo sviluppo. L'agricoltura garantisce un uso sostenibile delle risorse, che vengono gestite e restituite intatte alle generazioni future.
Questa concezione, assieme antica e profondamente innovativa dell'attività agricola, non deve far passare in secondo piano l'importanza strategica della funzione produttiva.
Una funzione essenziale e prioritaria, che va governata e indirizzata verso una dimensione competitiva adeguata ai tempi ed ai mercati globali.
"Occorre gestire i mercati agricoli; ed occorre avere una struttura produttiva preparata ed adeguata a queste nuove sfide. E' un'esigenza che le tensioni più recenti stanno sempre più evidenziando e che deve determinare politiche mirate sia a livello nazionale che internazionale" commenta il direttore Parodi.
Va dunque frenata la tendenza, a livello comunitario, di ridurre man mano gli strumenti di intervento sui mercati o addirittura proponendo uno smantellamento a termine della Pac. Una visione incoerente, alla luce delle esigenze emerse di recente.
In ogni caso, preoccupa la perdita di competitività che caratterizza l'attività agricola. La situazione è particolarmente critica a livello nazionale. Il valore aggiunto dell'agricoltura italiana è in calo da ormai tre anni ed i costi sono in continuo aumento. Anche se per le aziende di punta ci registrano risultati migliori, il reddito agricolo medio per addetto nel 2007 si è ridotto dell'1% circa e, tra i 27 Paesi dell'Unione, solo per Malta, Grecia, Portogallo, Romania, e Bulgaria si è registrato un calo maggiore. Inoltre, rispetto al 2000, il reddito è sceso di quasi il 20% (a livello UE si è registrato un aumento del 15% circa).
Anche le ragioni di scambio sono peggiorate: negli ultimi anni i prezzi all'origine dei prodotti agricoli sono cresciuti in media di soli 6 punti percentuali, come dire un incremento dell'1% annuo. Mentre i redditi degli operatori sono stati messi a dura prova dall'aumento dei costi di produzione, saliti mediamente del 13,9% nello stesso periodo , con punte ben più elevate per alcune voci di costo.
Come reagire ed uscire da questa impasse? "In primo luogo dichiara il presidente Coscia - occorre rafforzare le azioni rivolte al superamento della debolezza strutturale ed organizzativa del settore. La "taglia" media delle unità produttive è contenuta e l'offerta delle produzioni frammentata. Occorre aumentare le dimensioni aziendali, ricorrendo anche a forme di gestione associate a nuove forme societarie. Quello che conta, ovviamente, è la dimensione economica più che quella fisica; così come è necessario pensare a strategie efficaci di marketing di filiera. Occorre insistere per concentrare l'offerta dei prodotti agricoli in tutti i casi in cui si riscontrano difficoltà a raggiungere una massa critica di prodotto. Bisogna potenziare l'integrazione delle filiere produttive e migliorare l'efficienza negli scambi, equilibrando le relazioni che intercorrono tra i segmenti delle filiere (agricoltura, trasformazione e fase commerciale, sino alla Gdo)".
E il direttore Parodi asserisce: "Non va poi trascurata l'esigenza del contenimento dei costi di produzione con un'adeguata politica dei fattori nonché dell'aumento dell'efficienza aziendale, soprattutto attraverso l'innovazione tecnologica e l'utilizzo di altri strumenti (logistica, servizi alle imprese, adozione degli strumenti dell'information technology). E' indispensabile poi aumentare la propensione all'export delle nostre imprese, alle quali occorrono sicuramente servizi reali efficaci e a basso costo. Qui l'intervento pubblico può essere decisivo, al di là dei prerequisiti per favorire l'export (ad esempio un'adeguata dotazione infrastrutturale)".
Ci si riferisce ad aspetti molto concreti: dalla semplice individuazione di buyer di un determinato Paese, all'esplorazione evoluta dei mercati di maggiore interesse; oppure, per quanto riguarda gli investimenti diretti all'estero, alla conoscenza delle opportunità di acquisizione e joint venture con operatori stranieri.
Tutto questo si può conseguire attraverso due linee di politiche di sviluppo che riteniamo irrinunciabili per il futuro del sistema agroalimentare nazionale.
Un primo percorso passa attraverso l'azione del Governo a livello internazionale e comunitario. La tendenza verso una maggiore liberalizzazione degli scambi non deve portare ad una completa deregulation. Occorre invece definire con più chiarezza le regole di governance del flusso delle merci, rafforzando il ruolo del Wto a tale riguardo. In caso contrario, ci si limiterà ad un'apertura indiscriminata delle frontiere che per l'Europa, non avrebbe alcuna contropartita neppure sulla tutela delle denominazioni d'origine acuendo gli squilibri tra i diversi sistemi produttivi.
D'altro canto, non vanno indeboliti i principi della rinnovata politica agricola comunitaria, che vanno rafforzati. La "revisione dello stato di salute" della Pac non deve indurre stravolgimenti della situazione attuale che ha già subito una radicale riforma non ancora del tutto implementata. Al settore agricolo europeo serve invece (per lo meno sino al 2013, fine del periodo di programmazione finanziaria dell'UE) stabilità delle norme, delle condizioni di mercato e degli strumenti di sostegno. Il tutto per continuare a garantire l'approvvigionamento di derrate alimentari di qualità nonché la gestione del territorio e del paesaggio, a beneficio dei cittadini e del Paese.
Sul fronte delle politiche nazionali, invece, le occasioni per intervenire con decisione non mancano. Dalla capacità di penetrazione sui mercati, alla capacità organizzativa, alle politiche dei fattori (e dei relativi costi), ai temi della qualità e del legame con i territori d'origine. E poi gli interventi infrastrutturali, i rapporti con
Gli imprenditori di Confagricoltura chiedono concretezza e tempestività degli interventi, con una ben precisa individuazione delle priorità, per far si che agli annunci delle nuove iniziative segua anche la pronta ed effettiva realizzazione.
"E' prioritario il tema della stabilità fiscale per il settore che, non è stato definitivamente risolto neanche con
C'è poi il tema già accennato della dimensione competitiva. Per conseguirla occorrono strumenti efficaci per rafforzare le imprese e renderle meno vulnerabili dal punto di vista del rischio d'impresa.
Gli interventi possibili sono tanti: da un migliore utilizzo dei terreni alla razionalizzazione degli interventi per favorire l'accorpamento fondiario che vanno semplificati e resi più accessibili. E poi, anche su assicurazioni e credito, vanno semplificate le procedure e adattati il più possibile gli strumenti alle reali esigenze degli operatori. Il tutto con un giusto rapporto costi/benefici.
Senza trascurare alcuni nodi storici irrisolti: quali la necessità di una politica della ricerca e dell'innovazione in agricoltura, anche nel campo delle biotecnologie, che non possono essere rifiutate a priori, senza alcuna verifica scientifica a supporto di questa scelta.
"Un ulteriore capitolo, - continua Gian Paolo Coscia - essenziale per chi come Confagricoltura rappresenta, attraverso le sue imprese, i due terzi delle giornate occupate nel settore, riguarda le politiche del lavoro. Va dato atto dei risultati raggiunti con il protocollo del welfare e la sua traduzione nella Finanziaria 2008 nonché con la ristrutturazione dei debiti previdenziali. Ma occorre continuare su questa strada proseguendo la revisione delle norme, nell'ottica di una maggiore semplificazione, contrastando il lavoro irregolare e sommerso, offrendo opportunità di adeguata formazione professionale, senza perdere di vista il tema degli oneri previdenziali da attenuare in linea con quelli dei nostri competitori europei. Ne consegue la necessità di una sburocratizzazione a tutto tondo degli adempimenti cui sono chiamati i nostri imprenditori e che impegnano circa due giorni a settimana della loro attività. Oltre cento giorni l'anno dedicati a defatiganti (e costose) procedure".
In materia di "energia" recentemente si è guardato principalmente al risparmio ed all'efficienza; due obiettivi certamente rilevanti, anche se occorre rilanciare la politica in favore delle fonti rinnovabili. Il contributo che l'agricoltura può fornire a questa sfida è di tutta evidenza. Ma servono strumenti agevolativi pronti, efficaci e mirati alla realtà del settore.
Anche riguardo alla questione dell'acqua e delle risorse idriche, il tema andrebbe affrontato considerando lo stato d'emergenza che ha imposto una politica specifica per l'acqua in agricoltura.
"E ancora su tutte, si impone l'esigenza di un coordinamento efficace delle politiche tra Stato e Regioni al fine di avere una visione comune degli obiettivi e degli strumenti, evitando il più possibile disparità di trattamento e di indirizzo all'azione politica e sovrapposizioni di competenze" conclude il presidente provinciale Coscia.
Alessandria, 26 marzo 2008