"Due di noi" - 8 Marzo - Teatro Alessandrino - Recensione


Sullo sfondo l’interno a due piani di un appartamento con porte, finestre ed una scala laterale, illuminato da luci che suggeriscono senso di profondità e di spazi retrostanti , al centro pochi arredi  per ambientare tre momenti di vita di coppie diverse, ma sempre turbate da frustrazioni, insofferenze e condizionamenti.  La soluzione scenografica è elegante e si adatta sia ai due dialoghi iniziali più statici che all’effervescente atto finale, laddove le porte che conducono ad altre stanze e la scala diventano parti essenziali di un gioco di equivoci, dove la tempistica delle entrate e delle uscite costituisce la vera cifra della comicità.  La pièce è stata scritta ed è ambientata, come si evince dagli abiti, negli anni ’70, ma le situazioni sono attuali ed eterne. E’ rappresentata ironicamente la frustrazione di  una giovane coppia le cui abitudini sono stravolte da un neonato che non dorme ed impedisce ogni effusione ed intimità tra i genitori, ormai annichiliti e svuotati anche del ricordo della vita precedente la nascita del bimbo urlante. Tutto appare ingrigito e diverso, anche una bella città come Venezia, dove la coppia ha passato la luna di miele ed è tornata, per una vacanza per niente rilassante, con il neonato al seguito.
  L’atto successivo presenta un’altra coppia totalmente in preda all’incomunicabilità. Molto brava Lunetta Savino, versatile e convincente in un monologo con un marito votato alla mancanza di ascolto, seduto su una poltrona e il cui unico accenno di vita è un movimento del piede, da lei soprannominato “zampetta”. E’ proprio con il piede che comunica la protagonista, sola, dedita all’acool, provata da continui esami circa la sua idoneità come moglie giusta in società di un marito dal lavoro prestigioso.  L’ultimo atto vede i protagonisti recitare più ruoli con una disinvoltura ed una rapidità esilaranti nell’interpretare i diversi personaggi. La situazione è molto borghese: una cena laddove, per errore, sono invitati i due componenti di una coppia appena separata e il nuovo compagno di lei. Prevalgono le convenzioni, il desiderio di non turbare la quiete della serata a discapito della reale comprensione della sofferenza altrui, l’esteriorità a discapito della vera amicizia. Con una velocità ed un rispetto dei tempi sorprendente i due protagonisti mutano abiti e personalità in un gioco di entrate e uscite che non lascia neppure un attimo di tregua. Il virtuosismo di Lunetta Savino e di Emilio Solfrizzi è ai limiti del trasformismo e sortisce un effetto comico contagioso.   Uno spettacolo piacevole, molto applaudito dal pubblico e recitato con maestria che offre punti di riflessione sull’eterna fatica di vivere una vita in due.

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