Sullo sfondo l’interno a due piani di un appartamento con
porte, finestre ed una scala laterale, illuminato da luci che suggeriscono senso
di profondità e di spazi retrostanti , al centro pochi arredi per ambientare tre momenti di vita di coppie
diverse, ma sempre turbate da frustrazioni, insofferenze e
condizionamenti. La soluzione
scenografica è elegante e si adatta sia ai due dialoghi iniziali più statici che
all’effervescente atto finale, laddove le porte che conducono ad altre stanze e
la scala diventano parti essenziali di un gioco di equivoci, dove la
tempistica delle entrate e delle uscite costituisce la vera cifra della
comicità. La pièce è stata scritta ed è
ambientata, come si evince dagli abiti, negli anni ’70, ma le situazioni sono
attuali ed eterne. E’ rappresentata ironicamente la frustrazione di una giovane coppia le cui abitudini sono
stravolte da un neonato che non dorme ed impedisce ogni effusione ed intimità
tra i genitori, ormai annichiliti e svuotati anche del ricordo della vita
precedente la nascita del bimbo urlante. Tutto appare ingrigito e diverso,
anche una bella città come Venezia, dove la coppia ha passato la luna di miele
ed è tornata, per una vacanza per niente rilassante, con il neonato al
seguito.
L’atto successivo presenta un’altra
coppia totalmente in preda all’incomunicabilità. Molto brava Lunetta Savino,
versatile e convincente in un monologo con un marito votato alla mancanza di
ascolto, seduto su una poltrona e il cui unico accenno di vita è un movimento
del piede, da lei soprannominato “zampetta”. E’ proprio con il piede che comunica
la protagonista, sola, dedita all’acool, provata da continui esami circa la sua
idoneità come moglie giusta in società di un marito dal lavoro prestigioso. L’ultimo atto vede i protagonisti recitare più
ruoli con una disinvoltura ed una rapidità esilaranti nell’interpretare i
diversi personaggi. La situazione è molto borghese: una cena laddove, per
errore, sono invitati i due componenti di una coppia appena separata e il nuovo
compagno di lei. Prevalgono le convenzioni, il desiderio di non turbare la
quiete della serata a discapito della reale comprensione della sofferenza
altrui, l’esteriorità a discapito della vera amicizia. Con una velocità ed un
rispetto dei tempi sorprendente i due protagonisti mutano abiti e personalità
in un gioco di entrate e uscite che non lascia neppure un attimo di tregua. Il
virtuosismo di Lunetta Savino e di Emilio Solfrizzi è ai limiti del
trasformismo e sortisce un effetto comico contagioso. Uno
spettacolo piacevole, molto applaudito dal pubblico e recitato con maestria che
offre punti di riflessione sull’eterna fatica di vivere una vita in due.