LUCIANA LITTIZZETTO
Qua tutti si fondono. Sarà il caldo. È anche l'ultima moda delle banche, la fusione. Si sposano. Una banca con l'altra. Nella buona e nella cattiva sorte, in salute e dissenteria finché Draghi non le separa. Tanto loro la
fanno facile, fondiamo questo, uniamo quell'altro, e noi clienti non capiamo una mazza. Partiamo dai tabulati, quelle ricevute che ti arrivano a casa. Una busta al giorno, con la finestrella di plastichina che ci metti
mezz'ora a buttarla nella raccolta carta perché la devi scarnificare per separare la plastica dalla carta. Poi la apri e scopri un cumulo di numeri a vanvera. Domanda: Come mai tutti quei numeri a uecchio? Risposta: lo
facciamo per chiarezza. Ma chiarezza de che, mia bella fringuellona del cicicitì? Che son tutte tabelle, prontuari, tabulati, schemoni con numeri a caso che non ti dicono niente. Si disboscano interi ettari di Amazzonia
alla settimana per produrre ricevute incomprensibili. Tutto compiuterizzato, tutto compiuterizzato e poi tonnellate di carta. «Vede il suo resoconto? Lì è segnato che le abbiamo tolto 0,56 centesimi per spese
del tasso e del tassobarbasso, mentre quei 4 centesimi sono l'interesse del rateo del banking del plusvalore. Le scriviamo tutto per massima trasparenza e correttezza». Certo, grandissimo Bot dei bot. Poi succede il
casino delle azioni della Parmalat, o dei mutui che salgono alle stelle come i fuochi di San Giovanni, tu sei rovinato e nessuno ti avverte. Adesso poi la parola d'ordine è semplificare.
Infatti ora per fare qualsiasi operazione è obbligatorio il codice Iban. Il numero più lungo del mondo. Un numero lungo come le balle dei cani da caccia. L'Iban è sicuramente più lungo di parecchi piselli che vedo dietro
lo sportello tutti i giorni. Stessa solfa per il numero di conto. È diventato lungo come la catena del water. Con davanti sei o sette zeri uno attaccato all'altro e scritti piccolissimi, che se uno li deve ricopiare
gli vengono gli occhi iniettati di sangue come al Wile Coyote, allora li spunta con la penna uno per uno finché si rompe, ne mette una manciata a caso e spera in dio. Son tutte belle cose che aprono il cuore e fan prudere le mani. Senza contare gli impicci pratici. Vogliamo parlare delle code interminabili? Quelle del lunedì mattina per esempio? Tipo fila davanti ai Musei Vaticani? I pensionati piovon giù come pinoli.
E poi c'è la bussola. Quella capsula di antibiotico nella quale ti fanno introdurre per entrare. Ci sto stretta io. Se entra Ferrara non esce più, lo catturano e lo vendono come fosse una Simmenthal con tutta la sua bella
gelatina. Con quella voce dall'aldilà che tuona: «Attenzione, depositare gli oggetti metallici nell'apposita cassettiera». Io non ho mai visto uno depositare gli oggetti nella cassettiera. Perché gli impiegati ne hanno
pieni i maroni. Ormai aprono senza neanche guardare. Aprono sempre. Son talmente sfiniti che se entra il rapinatore sventolando il kalashnikov lo fanno entrare lo stesso. Non sarebbe meglio che l'allarme suonasse per far uscire la gente? Così se uno ha rapinato resta nella bussola e i clienti gli tirano le agende dell'anno prima?