Questo fine settimana al Macallè:
IL RIFUGIO
di François Ozon
(vedi allegato)
- Sabato 13-11 e Domenica 14-11 Unico Spettacolo alle ore 21.30;
- Lunedì 15-11 Uncio Spettacolo alle 22.15.
"IL RIFUGIO" di François Ozon
La strana coppia
Articolo di Rinaldo Vignati - Pubblicato lunedì 23 agosto 2010
In un appartamento di Parigi Louis e Mousse si iniettano eroina. All'indomani, Louis viene trovato morto, mentre Mousse, dopo un breve coma, scopre di essere rimasta incinta. Contro il parere della famiglia altoborghese di Louis, decide di portare avanti la gravidanza. In una casa isolata vicino al mare dove si ritira nei mesi della gestazione – i luoghi isolati sono, in vari modi, una costante di Ozon; la spiaggia, poi, è un altro suo topos – riceve la visita di Paul, il fratello gay di Louis, col quale, a poco a poco, si crea un rapporto nuovo e profondo che porterà a una sorpresa finale.
Il rifugio può essere letto secondo molte chiavi di lettura. Può essere visto come un film sulla scoperta e sull'osservazione delle sensazioni legate alla gravidanza, sulla bellezza e sul "mistero" di una donna incinta. Nelle dichiarazioni con cui ha accompagnato il film, il regista dice di aver "sognato per anni di girare un film con un'attrice incinta" e che Il rifugio "è in parte anche un documentario su Isabelle Carré", alla quale chiedeva continuamente "di raccontar[gli] in dettaglio le emozioni e le sensazioni che stava provando". Il rifugio può essere visto anche come un film sull'elaborazione del lutto, sulla perdita, sulla mancanza. E può essere visto anche come un film sul dono (motivo che ricorre spesso nelle parole e nelle azioni dei personaggi, a cominciare dal discorso di Paul al funerale di Louis).
Ma al di là di questi temi (che si ricollegano ad altre pellicole ozoniane: l'elaborazione del lutto rimanda a Sotto la sabbia, il dono e il passaggio di consegne tra una vita che finisce e una che comincia a Il tempo che resta, ecc.), quello che ci sembra prevalere, e che rimane di più nella mente dello spettatore, non foss'altro che per il carattere "programmatico" della conclusiva voce fuori campo di Mousse, è però il contenuto "politico" del film. Pur trattando di temi intimi e personali, Il rifugio – come rende chiaro la sorpresa finale – è un film che sottende una chiara presa di posizione "politica". La discussione sulla famiglia e sulla genitorialità è un tema caldo del dibattito culturale di questi anni e una questione politica decisiva, legata soprattutto al riconoscimento delle coppie gay e del diritto di queste all'adozione. Riconoscimento contestato da quanti affermano l'unicità della famiglia basata su un fondamento "naturale". Con questo film, Ozon prende posizione nel dibattito ponendosi in modo netto contro questa concezione "biologica" della famiglia e della genitorialità, a favore di una concezione in cui l'affettività, accettata e valorizzata nella pluralità delle sue forme, prevale sul dato biologico (Mousse riconosce che Paul è più adatto di lei a fare da genitore alla neonata).
Che si condivida o meno questa concezione, non si può fare a meno di notare che il modo per molti versi "sorprendente" in cui avviene la scelta finale della donna fa quasi apparire la storia che ci era stata raccontata in precedenza come un semplice pretesto per una presa di posizione ideologica. La storia de Il rifugio (che Ozon racconta con modi emozionalmente meno coinvolgenti e intensi di quelli de Il tempo che resta) aveva d'altra parte manifestato più di una debolezza. Per fare un esempio, la madre di Louis è connotata come antipatica in modo così stereotipato che – cinematograficamente – diventa scontato per Mousse decidere di portare avanti la gravidanza. In tal modo viene sostanzialmente sprecato un passaggio narrativo chiave. E poi, certe scene ad effetto (penso a certi incontri della protagonista: quello con una specie di fanatica sulla spiaggia o con un tizio fisicamente attratto solo dalle donne incinte), col loro sapore artificioso e poco credibile, tendono a prevalere – malgrado la buona prova degli interpreti – sull'introspezione psicologica e sulla capacità di restituire la complessità delle sensazioni e dei pensieri di Mousse in un momento così delicato e importante della sua vita.
In definitiva, sembra che – preso tra l'ammirazione estatica per la protagonista e per la sua gravidanza e la volontà di sottomettere la vicenda a una esemplarità "politica" – Ozon non riesca in questo film ad articolare una storia convincente e toccante.
Testo tratto dalla rivista online - NonSoloCinema - anno VI n. 22 - © 2010