Alla luce dell'annuncio del recente ritrovamento da parte del senatore Marcello Dell'Utri - bibliofilo e collezionista - di un dattiloscritto di Petrolio, il libro di Pasolini diventa più che mai attuale e scottante, anche se si tratta più di uno zibaldone di appunti che un romanzo vero e proprio.
"L'autore scriveva <<Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi … sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero>>. Il filo che Pasolini trovò non era rosso, ma nero. Come le stragi di Stato, la strategia della tensione e, appunto, il petrolio. Cioè l'Eni, cioè la morte di Mattei, cioè Cefis, cioè la Montedison, cioè quell'Italia raccontata anche da Eugenio Scalfari e Giuseppe Turani in Razza padrona. "
("Dell'Utri, Pasolini e il giallo di Petrolio", di Dario Olivero, La Repubblica, 2 marzo 2010)
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